La crescita esponenziale dei grossi centri urbani prospetta scenari futuri quasi apocalittici: se terreni utili all’agricoltura ed all’allevamento saranno sacrificati all’edificabilità sarà sempre più difficile provvedere al fabbisogno di cibo. In tale ottica nasce l’idea dell’agricoltura verticale ovvero la realizzazione di Vertical Farm: vere e proprie fattorie all’interno di torri e grattacieli. Questo modello ha origini relativamente recenti: nel suo libro "Vertical Farming", Gilbert Ellis Bailey usa per la prima volta il termine “agricoltura verticale”, siamo nel 1915, riferendosi ad una nuova maniera di fare agricoltura molto più vantaggiosa poiché l’estensione in verticale avrebbe permesso di coltivare superfici maggiori.
Oggi il paladino delle Vertical Farm è Dickson Despommier (nella foto), professore di Scienze della Salute Ambientale e Microbiologia presso la Columbia University nonché autore del libro “The Vertical Farm”: l’obiettivo è quello di coltivare i prodotti agricoli necessari al fabbisogno della città in strutture ubicate nei centri urbani. Utopia ed idealismo all’ennesima potenza? Forse, ma i fondamenti da cui il prof. Despommier è partito sono molto concreti.
Secondo studi effettuati dalla FAO e confermati addirittura dalla NASA, entro il 2050 circa l’80% della popolazione mondiale risiederà in centri urbani con conseguente diminuzione delle terre da coltivare. A ciò bisogna aggiungere che entro quella data è previsto un aumento della popolazione pari a 3 miliardi. In una recente intervista è proprio Despommier a spiegare, con una discreta dose di pragmatismo, che “la spinta a realizzare le vertical farm viene dai cambiamenti climatici. A questo punto, prima di investire soldi nell’impresa, diventa necessario sperimentare e capire cosa fare concretamente, come devono essere progettati gli edifici, su che dimensioni, con che tipo di illuminazione, quali sono le coltivazioni più adatte, che tipo di energia deve essere utilizzata. Bisogna studiare il modo per rendere la cosa fattibile, non necessariamente solo in termini economici. Molti paesi infatti non hanno e non avranno scelta, poiché devono comunque preoccuparsi di nutrire la propria popolazione e per il momento lo fanno sovvenzionando l’agricoltura.
Sulla scorta di tale pensiero, ecco Skyland, grattacielo verde sede di coltivazioni biologiche per 25.000 persone da realizzare nell’ambito dell’EXPO a Milano nel 2015.
Nuvege è un progetto realizzato in Giappone già nel 2006: si tratta di una vertical farm che offre 57.000 metri quadrati di coltivazione in cui le piante sono illuminate grazie ad un sistema di LED capace di accelerare la fotosintesi. (http://nuvege.com/)
In Olanda sta prendendo forma Plantlab, una struttura di tre piani all’interno della quale si sta sperimentando un sistema di coltivazione all’avanguardia, basato sull’utilizzo di fasci di luce rossi e blu ed aria condizionata.
Uno dei progetti a mio avviso più completi è quello proposto da Xome arquitectos, gruppo di lavoro messicano, per la London Farm Tower nell’ambito del concorso LOFT AWR 2011 Design Competition: una sorta di piccolo microcosmo a basso impatto ambientale all’interno del quale, spiegano i progettisti, “la gente può svolgere diverse attività, come fare shopping, lavorare, vivere in una atmosfera rigenerativa” anche perché la struttura sarà autonoma dal punto di vista energetico.
Le coltivazioni sono collocate al centro della torre, così da facilitare l’accesso ai ‘contadini’, le cui abitazioni sono situate nella fascia più esterna dell’edifico; l’acqua piovana, una volta raccolta, sarà utilizzata per colture idroponiche, docce e servizi igienici. Il modulo su cui si basa il progetto è l’esagono, scelto perché richiama l’elemento chimico del carbonio, che dona all’edificio una forma che richiama quella degli alveari, strutture autonome per eccellenza.
Oggi il paladino delle Vertical Farm è Dickson Despommier (nella foto), professore di Scienze della Salute Ambientale e Microbiologia presso la Columbia University nonché autore del libro “The Vertical Farm”: l’obiettivo è quello di coltivare i prodotti agricoli necessari al fabbisogno della città in strutture ubicate nei centri urbani. Utopia ed idealismo all’ennesima potenza? Forse, ma i fondamenti da cui il prof. Despommier è partito sono molto concreti.
Secondo studi effettuati dalla FAO e confermati addirittura dalla NASA, entro il 2050 circa l’80% della popolazione mondiale risiederà in centri urbani con conseguente diminuzione delle terre da coltivare. A ciò bisogna aggiungere che entro quella data è previsto un aumento della popolazione pari a 3 miliardi. In una recente intervista è proprio Despommier a spiegare, con una discreta dose di pragmatismo, che “la spinta a realizzare le vertical farm viene dai cambiamenti climatici. A questo punto, prima di investire soldi nell’impresa, diventa necessario sperimentare e capire cosa fare concretamente, come devono essere progettati gli edifici, su che dimensioni, con che tipo di illuminazione, quali sono le coltivazioni più adatte, che tipo di energia deve essere utilizzata. Bisogna studiare il modo per rendere la cosa fattibile, non necessariamente solo in termini economici. Molti paesi infatti non hanno e non avranno scelta, poiché devono comunque preoccuparsi di nutrire la propria popolazione e per il momento lo fanno sovvenzionando l’agricoltura.
Sulla scorta di tale pensiero, ecco Skyland, grattacielo verde sede di coltivazioni biologiche per 25.000 persone da realizzare nell’ambito dell’EXPO a Milano nel 2015.
Nuvege è un progetto realizzato in Giappone già nel 2006: si tratta di una vertical farm che offre 57.000 metri quadrati di coltivazione in cui le piante sono illuminate grazie ad un sistema di LED capace di accelerare la fotosintesi. (http://nuvege.com/)
In Olanda sta prendendo forma Plantlab, una struttura di tre piani all’interno della quale si sta sperimentando un sistema di coltivazione all’avanguardia, basato sull’utilizzo di fasci di luce rossi e blu ed aria condizionata.
Uno dei progetti a mio avviso più completi è quello proposto da Xome arquitectos, gruppo di lavoro messicano, per la London Farm Tower nell’ambito del concorso LOFT AWR 2011 Design Competition: una sorta di piccolo microcosmo a basso impatto ambientale all’interno del quale, spiegano i progettisti, “la gente può svolgere diverse attività, come fare shopping, lavorare, vivere in una atmosfera rigenerativa” anche perché la struttura sarà autonoma dal punto di vista energetico.
Le coltivazioni sono collocate al centro della torre, così da facilitare l’accesso ai ‘contadini’, le cui abitazioni sono situate nella fascia più esterna dell’edifico; l’acqua piovana, una volta raccolta, sarà utilizzata per colture idroponiche, docce e servizi igienici. Il modulo su cui si basa il progetto è l’esagono, scelto perché richiama l’elemento chimico del carbonio, che dona all’edificio una forma che richiama quella degli alveari, strutture autonome per eccellenza.
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